Ricorso della Regione Siciliana, in persona del Presidente pro-tempore, rappresentato e difeso, sia congiuntamente che disgiuntamente, giusta procura a margine del presente atto, dagli avvocati Beatrice Fiandaca e Marina Valli, elettivamente domiciliato presso la sede dell'Ufficio della Regione Siciliana in Roma, via Marghera n. 36, ed autorizzato a proporre ricorso con deliberazione della Giunta regionale che si allega. Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro-tempore, domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi, piazza Colonna, 370 presso gli uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri, e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 recante: «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario» come convertito, con modificazioni, con legge 7 agosto 2012, n. 135, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - S.O. - n. 189 del 14 agosto 2012, con riferimento a: art. 4, comma 3-sexies nelle parti in cui dispone «previo parere favorevole del Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per acquisto di beni e servizi di cui all'art. 2 del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n. 94» e «con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, adottato su proposta del Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per acquisto di beni e servizi» per violazione degli artt. 14, lett. o) e p), 15 e 20 dello statuto nonche' dell'art. 118, comma 1 e 2 con riferimento all'art. 10 della L.C. n. 3/2001; art. 16, comma 3 per violazione dell'art. 36 dello statuto e delle correlate norme di attuazione in materia finanziaria, in particolare dell'art. 2 del d.P.R. n. 1074/1965, nonche' dell'art. 43 dello Statuto. F a t t o Il d.-l. n. 95/2012, disponendo in materia di c.d. spending review, reca una serie di norme di vario contenuto volte a ridurre la spesa pubblica attraverso misure che razionalizzano l'organizzazione e il funzionamento degli apparati. Tra queste 1'art. 4 rubricato «riduzioni di spese, messa in liquidazione e privatizzazione di societa' pubbliche» che, in mancanza di una qualunque clausola di salvaguardia, deve ritenersi applicabile anche alla Regione Siciliana, al comma 3-sexies dispone che: «Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto le pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 possono predisporre appositi piani di ristrutturazione e razionalizzazione delle societa' controllate. Detti piani sono approvati previo parere favorevole del Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per acquisto di beni e servizi di cui all'art. 2 del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n. 94, e prevedono l'individuazione delle attivita' connesse esclusivamente all'esercizio di funzioni amministrative di cui all'art. 118 della Costituzione, che possono essere riorganizzate e accorpate attraverso societa' che rispondono ai requisiti della legislazione comunitaria in materia di in house providing. I termini di cui al comma 1 sono prorogati per il tempo strettamente necessario per l'attuazione del piano di ristrutturazione e razionalizzazione con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, adottato su proposta del Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per acquisto di beni e servizi». Il successivo art. 16 in materia di «riduzione della spesa degli enti territoriali» si occupa espressamente delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano nel comma 3 che recita: «Con le procedure previste dall'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano assicurano un concorso alla finanza pubblica per l'importo complessivo di 600 milioni di euro per l'anno 2012, 1.200 milioni di euro per l'anno 2013 e 1.500 milioni di euro per l'anno 2014 e 1.575 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015. Fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui al predetto art. 27, l'importo del concorso complessivo di cui al primo periodo del presente comma e' annualmente accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, sulla base di apposito accordo sancito tra le medesime autonomie speciali in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e recepito con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze entro il 30 settembre 2012. In caso di mancato accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, l'accantonamento e' effettuato, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze da emanare entro il 15 ottobre 2012, in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l'anno 2011, dal SIOPE. Fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui al citato art. 27, gli obiettivi del patto di stabilita' interno delle predette autonomie speciali sono rideterminati tenendo conto degli importi derivanti dalle predette procedure». Le disposizioni surriportate si profilano illegittime e lesive dei parametri statutari e costituzionali come individuati in epigrafe per i seguenti motivi. D i r i t t o Art. 4, comma 3-sexies. Violazione degli artt. 14, lett. o) e p), 15 e 20 dello statuto nonche' dell'art. 118, comma 1 e 2 con riferimento all'art. 10 della L.C. n. 3/2001. La norma rubricata, inserita in sede di conversione del decreto, prevede una deroga al generale obbligo di dismissione delle societa' pubbliche a condizione che le societa' vengano riorganizzate dalla p.a. controllante in modo tale da rispondere ai requisiti comunitari in materia di in house providing e svolgano attivita' connesse esclusivamente all'esercizio di funzioni amministrative di cui all'art. 118 della Costituzione. Quanto ai presupposti di detta deroga la norma appare condivisibile con la precisazione che nel caso di societa' pubbliche che gia' presentino i requisiti richiesti per la deroga i piani avranno solo una funzione ricognitiva. La consentita permanenza di tale modulo organizzativo, senza i limiti di importo di cui al successivo comma 8, per lo svolgimento delle attivita' connesse alle funzioni amministrative costituisce infatti presa d'atto della sussistenza di un rapporto organico tra ente e societa', in luogo di un rapporto contrattuale intersoggettivo. A non convincere e' invece il procedimento delineato per accedere alla deroga, corredato di passaggi che in buona sostanza rimettono al discrezionale giudizio dello Stato, e per esso del Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per acquisto di beni e servizi, la possibilita' che detta norma operi, a meno che si ritenga, in ragione della speciale autonomia della Regione Siciliana, che detti passaggi non riguardino le societa' facenti capo alla Regione Siciliana, agli enti sub regionali e agli enti locali ubicati nel suo territorio. Infatti, una volta che la legge statale, nell'ambito della propria competenza esclusiva in materia di tutela della concorrenza, ha sancito che le p.a. possono svolgere attraverso societa' in house le attivita' connesse all'esercizio delle funzioni amministrative il rispetto dei requisiti fissati dal legislatore statale va assicurato attraverso l'ordinario dispiegarsi dell'azione amministrativa senza ingerenze dell'esecutivo statale. Con il parere vincolante del suindicato Commissario come pure con il d.P.C.M. con il quale si fissano in buona sostanza i tempi di attuazione del piano di riorganizzazione della societa' risultano invece invase le competenze della regione. A norma dello statuto infatti «l'ordinamento degli uffici e degli enti regionali» (art. 14, lett. p) e «il regime degli enti locali» (art. 14, lett. o) sono materie di legislazione esclusiva regionale. In materia di enti locali l'art. 15 precisa anche che spetta alla regione «la legislazione esclusiva e l'esecuzione diretta in materia di circoscrizione, ordinamento e controllo». Quanto alle «funzioni esecutive ed amministrative concernenti le materie di cui agli articoli 14, 15 e 17» l'art. 20 stabilisce che vengono svolte dal Presidente e dagli assessori regionali. Ora che il principio del parallelismo tra funzioni legislative e funzioni amministrative conservi la sua validita' e' stato piu' volte affermato da codesta ecc.ma Corte costituzionale. E sempre codesto ecc. mo Giudice, per quanto attiene alla materia degli enti locali ha precisato che la competenza primaria attribuita alle regioni a statuto differenziato «non e' intaccata dalla riforma del titolo V, parte seconda della Costituzione, ma sopravvive, quanto meno, nello stesso ambito e negli stessi limiti definiti dagli statuti» (sentenza n. 48 del 2003). Ne consegue pertanto che a nessun atto statale, che comunque lo si chiami costituisce la decisione ultima sul piano, possono essere assoggettati i piani previsti dalla norma rubricata se predisposti dalla regione, da enti regionali e da enti locali siciliani, enti operanti tutti ai sensi dello Statuto. Rimettere ad organi statali la verifica delle condizioni di operativita' della deroga prevista dall'art. 4, comma 3-sexies equivale cosi' a sospendere quelle garanzie costituzionali di autonomia che come codesta ecc.ma Corte ha di recente rammentato (sen. n. 151/2012) non possono essere sacrificate neanche in situazioni eccezionali. Al riguardo deve rilevarsi che ad essere lese dalle clausole impugnate sono non solo le suindicate disposizioni statutarie ma altresi' l'art. 118 Cost., in quanto utilizzato, per legittimare una chiamata in sussidiarieta' dello Stato e quindi per ridurre l'autonomia regionale, senza tener conto del dettato dell'art. 10 della L.C. n. 3/2001 in forza del quale il novellato titolo V della Costituzione si applica alle regioni a statuto speciale per le parti in cui prevede forme di autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia' attribuite. Infine, ribadito che la concreta attuazione della disposizione statale attiene all'azione amministrativa degli enti controllanti si evidenzia che il pregiudizio, recato dalle previsioni sospettate di incostituzionalita', alle prerogative statutarie rileva sotto un duplice profilo. Cio' in quanto oltre alla violazione delle competenze legislative e amministrative della regione viene in rilievo altresi' la lesione delle attribuzioni degli enti locali. Art.16, comma 3. Violazione dell'art. 36 dello statuto e delle correlate norme di attuazione in materia finanziaria, in particolare dell'art. 2 del d.P.R. n. 1074/1965 nonche' dell'art. 43 dello Statuto. La norma rubricata prevede un ulteriore concorso delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano alla finanza pubblica e ne disciplina le modalita' di attuazione. Tale concorso si aggiunge a quello gia' previsto dall'art. 28, comma 3, primo periodo del d.-l. 6 dicembre 2011, n. 201, come convertito, con modificazioni, con legge 23 dicembre 2011, n. 214. In particolare la disposizione rubricata dell'art. 16, comma 3 prosegue la manovra gia' avviata con il decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivita'», come convertito, con modificazioni, con legge 24 marzo 2012, n. 27 che, all'art. 35 prevede, ai commi 4 e 5, un incremento del concorso delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano - gia' stabilito dall'art. 28, comma 3, primo periodo del d.-l. 6 dicembre 2011, n. 201 come convertito, con modificazioni, con legge 23 dicembre 2011, n. 214 impugnata da questa regione con ricorso iscritto al n. 39/2012 del Registro ricorsi di codesta ecc.ma Corte - alla finanza pubblica mediante la destinazione a questa delle maggiori entrate derivanti ai predetti enti ad autonomia speciale dall'incremento delle aliquote delle accise sull'energia elettrica a seguito della cessazione dell'applicazione dell'addizionale comunale e provinciale all'accisa sull'energia elettrica e stabilisce che le conseguenti variazioni di bilancio (comma 5) siano effettuate con decreti del Ministero dell'economia e delle finanze. Anche tale disposizione e' stata impugnata dinanzi a codesta ec.ma Corte con ricorso iscritto al n. 85/2012 del Registro ricorsi. E inoltre, il d.-l. 2 marzo 2012, n. 16 come convertito, con modificazioni, con legge 26 aprile 2012, n. 44 all'art. 4, comma 10 abroga, con decorrenza dal 1° aprile 2012, l'art. 6 del decreto-legge 28 novembre 1988, n. 511, convertito con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 1989, n. 20, con il quale fu istituita l'addizionale sull'energia elettrica. La reintegrazione dei relativi importi viene posta a carico delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano. La disposizione suindicata e' stata impugnata da questa regione con ricorso iscritto al n. 101/2012 del Registro ricorsi di codesta ecc.ma Corte. L'art. 16, comma 3 in esame non fa altro che confermare il medesimo insostenibile carico finanziario imposto alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano con le precedenti, e come detto gia' denunciate, disposizioni. Per questi enti l'importo complessivo del contributo e' determinato in: 600 milioni di euro per il 2012; 1.200 milioni di euro per il 2013; 1.500 milioni di euro per il 2014; 1.575 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015. La modalita' di attuazione del risparmio dovra' avvenire con le modalita' definite dall'art. 27 della legge n. 42/2009 (Legge delega sul federalismo fiscale), cioe', nel rispetto degli statuti e delle norme di attuazione e in maniera concordata con ciascuna regione e provincia autonoma, fermo l'obbligo di concorrere al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarieta' nonche' all'assolvimento degli obblighi posti dall'ordinamento comunitario. Tuttavia, nelle more della definizione di tali procedure l'importo del contributo per ciascuna regione e provincia autonoma e' stabilito sulla base di apposito accordo sancito in Conferenza Stato-regioni, tra le autonomie speciali e il Governo, che deve essere recepito con decreto ministeriale entro il 30 settembre 2012. Nel caso in cui l'accordo non venga raggiunto, l'accantonamento e' effettuato con decreto del Ministero dell'economia entro il 15 ottobre 2012, in proporzione alle spese per consumi interni desunte, per l'anno 2011, dal SIOPE (Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici). Sia nell'un caso che nell'altro, fino all'emanazione delle norme di attuazione degli statuti speciali (previste dall'art. 27 come procedura privilegiata), l'importo del risparmio e' accantonato annualmente a valere sulle quote di compartecipazioni ai tributi erariali. L'ultimo periodo del comma 3 dispone, infine, che gli obiettivi del patto di stabilita' interno sono rideterminati conseguentemente agli importi stabiliti dalle procedure precedenti (anche in questo caso, fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui al citato art. 27). Ora, alla luce dei principi contenuti nell'art 36 dello Statuto e nelle correlate norme di attuazione in materia finanziaria, in particolare dell'art. 2 d.P.R. n. 1074/1965, nonche' dell'art. 43 dello Statuto medesimo, non puo' non rilevarsi come il succitato meccanismo sia illegittimo e lesivo delle prerogative statutarie. La norma denunciata infatti, oltre a sottrarre alla regione il gettito di sua spettanza necessario alla copertura del fabbisogno finanziario della stessa, dispone senza che sia stato assicurato il rispetto delle procedure previste dall'art. 27 della legge n. 42/2009, espressamente richiamato dalla norma in esame, tendenti a garantire modalita' applicative dei detti meccanismi di concorso alla finanza pubblica che siano rispettose delle peculiarita' di questa regione a statuto speciale. In via prioritaria si deve rilevare che la sottrazione di gettito tributario come sopra descritto si sostanzia in una vera e propria riserva di entrate operata dallo Stato in favore del proprio bilancio a danno delle casse regionali. Come e' noto, lo Stato puo' legittimamente operare delle riserve nel rispetto dei principi contenuti nell'art. 2 delle norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana in materia finanziaria, di cui al d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, il quale, nello stabilire che «ai sensi del primo comma dell'art. 36 dello Statuto spettano alla Regione Siciliana, oltre alle entrate tributarie da essa direttamente deliberate, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate», prevede, come deroga, che il gettito di nuove entrate tributarie possa essere destinato «con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalita' contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime». Risulta evidente che, dall'applicazione delle disposizioni contenute nell'art. 16, comma 3, lo Stato operera' una dissimulata riserva senza osservare la sussistenza dei requisiti di legittimita', siccome previsti dal citato art. 2 del d.P.R. n. 1074/1965, in particolare il requisito della novita' dell'entrata (intesa sia come novita' del tributo in se stesso o maggiorazione di entrate derivanti da tributo gia' esistente - Corte costituzionale sentenze n. 49/1972 e n. 429/1996). Infatti, le quote di gettito di tributi erariali, previste nel citato provvedimento legislativo, verrebbero sottratte al criterio generale di spettanza alla Regione Siciliana di cui all'art. 36 dello Statuto. Ed altresi' l'illegittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 3 del d.-l. n. 95 del 2012 non e' esclusa dalla clausola di salvaguardia prevista nella stessa norma «Con le procedure previste dall'art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42». E cio' sia perche' con un'evidente inversione della gerarchia delle fonti e' la legge ordinaria a circoscrivere l'ambito entro il quale deve disporre la fonte sovraordinata, ossia le norme di attuazione, sia giacche' la valenza garantistica di tale formula risulta meramente apparente, in quanto il legislatore non delimita temporalmente la durata del concorso della regione alla finanza pubblica, disponendo «Fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui al predetto art. 27» . Se si considera che l'art. 28, comma 4, del d.-l. 201/2011, ha abrogato il termine di legge stabilito (trenta mesi) per l'emanazione della normativa di attuazione, non puo' non rilevarsi che l'accantonamento previsto dalle censurate disposizioni anziche' essere circoscritto nel tempo, finisce per operare immediatamente (2012) e illimitatamente nel tempo (2015 e seguenti). A tal proposito con la sentenza n. 193 del 17 luglio 2012 il Giudice delle leggi ha sancito, in linea e in armonia con la sua precedente giurisprudenza (sentenze n. 148 del 2012, n. 232 del 2011, n. 326 del 2010 e n. 284 del 2009), l'illegittimita' di ogni prescrizione di principio volta a imporre, agli enti territoriali, misure di contenimento finanziario a tempo indeterminato. Altresi' insufficiente, sotto il profilo della tutela delle prerogative statutarie, risulta la previsione di un «... accordo sancito tra le medesime autonomie speciali in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano», in quanto il mancato raggiungimento dello stesso non preclude l'intervento unilaterale dello Stato che si concretizza con l'emanazione, entro il 15 ottobre 2012, da parte del Ministro dell'economia e delle finanze, di un decreto che individua le quote di riparto tra le autonomie speciali in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l'anno 2011, dal SIOPE. Del resto neanche il previsto accordo, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, puo' validamente sostituire la procedura pattizia (ex art. 43 Statuto) con la Regione Siciliana, posta a tutela del suo speciale ordinamento finanziario (sent. n. 133/2010). La violazione del vincolo che impone l'adozione delle procedure «pattizie» di attuazione statutaria, e' infatti alla base della recente sentenza (n. 178 del 2012) con la quale codesta ecc.ma Corte ha dichiarato la illegittimita' costituzionale di una norma del d.lgs. n. 118/2011, recante disposizioni sull'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio di regioni ed enti locali (adottato in base alla legge delega n. 42). In particolare codesta Corte ha censurato 1'art. 37, concernente l'applicazione delle norme alle regioni a statuto speciale, nella parte in cui prevede la immediata e diretta applicazione degli interi decreti legislativi in caso di inosservanza del termine posto per l'adozione delle norme di attuazione con cui applicare le norme contenute nel decreto legislativo alle autonomie speciali. Si vuole evidenziare, inoltre, come questa ulteriore decurtazione di gettito, che si puo' stimare per il 2012 in circa 250 milioni di euro, che si sommera' alla quota di accantonamento, sempre per il 2012, determinata dal combinato disposto degli art. 13, comma 17, e art. 28, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, dell'art. 35, comma 4, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, e dell'art. 4, comma 11, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, pari a euro 335.012.609,15, vada a rideterminare gli obiettivi programmatici del Patto di Stabilita' causando un ulteriore riduzione dei tetti di spesa fissati in misura corrispondente al contributo previsto dalla normativa. Infine si vuol segnalare che, con effetto dal 1° settembre 2012, secondo quanto disposto dal Ministero dell'economia e delle finanze con decreto del 20 luglio 2012 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 173 del 26 luglio 2012), saranno esecutive le riserve all'erario disposte ai sensi dell'art. 2, comma 36 del d.-l. n. 138/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148/2011, e dell'art. 48, comma 1, del d.-l. n. 201/2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214/2011, in atto non quantificabili. A cio' si deve aggiungere che, sempre nel corso dell'anno 2012, la Regione Siciliana scontera' gli effetti finanziari della perdita di gettito Irpef derivante dall'introduzione dell'IMU (art. 13 del d.-l. n. 201/2011), stimato in circa 118 milioni di euro. Alla luce di quanto sopra, l'imponente riduzione della disponibilita' di risorse per la regione configura un ulteriore profilo di lesione della sua autonomia finanziaria. Risultano infatti evidenti gli effetti che il nuovo concorso imposto alla regione, considerati anche quelli gia' operanti, produrra' in ordine alla possibilita' per l'ente di svolgere le proprie funzioni, stante pure la gia' descritta clausola finale relativa alla rideterminazione degli obiettivi del patto di stabilita' interno.